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In Blu

In una città metropolitana, attraverso paesaggi notturni e desolanti, vagano fameliche alcune figure.
Esse cercano di colmare quel vuoto che in alcuni momenti contraddistingue l’animo degli esseri umani.
Lo spleen, gli attacchi di panico, l’ansia e l’irrequietezza visti come una condizione dell’uomo causata dalla luce lunare.
Cosi come il licantropo si trasforma in lupo cosi l’uomo si trasforma in una creatura angosciata e irrequieta.

“L’amico ed io non possiamo patire la luna: al suo lume escono i morti
sfigurati dalle tombe, particolarmente donne avvolte in bianchi sudari,

l’aria si colma d’ombre verdognole e talvolta s’affumica d’un giallo
sinistro, tutto c’è da temere, ogni erbetta ogni fronda ogni animale, in
una notte di luna. E quel che è peggio, essa ci costringe a rotolarci
mugolando e latrando nei posti umidi, nei braghi dietro ai pagliai; guai
allora se un nostro simile ci si parasse davanti! Con cieca furia lo sbraneremmo,
ammenoché egli non ci pungesse, più ratto di noi, con uno
spillo. E, anche in questo caso, rimaniamo tutta la notte, e poi tutto il
giorno, storditi e torpidi, come uscissimo da un incubo infamante.
Insomma l’amico ed io non possiamo patire la luna”.

“Il racconto del lupo mannaro” Di Tommaso Landolfi, tratto da “II mar delle blatte e altre storie”, Roma: Edizioni della Cometa, 1939; Milano: Rizzoli, 1975; a cura di Idolina Landolfi, Milano: Adelphi, 2007.

 

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